Il più grande bacino di reclutamento del basket europeo
Dentro la bolla della G League con Luca Banchi, assistente per la stagione 2021 dei Long Island Nets. Più il libro del mese e le partite da vedere (English version in a different e-mail)
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Una delle principali conseguenze dettate dal COVID-19, per il basket europeo, è stato il cambiamento delle dinamiche legate al mercato dei giocatori americani. Lo spostamento delle date della stagione NBA e della G League ha portato all’adozione di strategie diverse da parte dei club europei, che hanno privilegiato il mercato all’interno del continente.
Non sono mancati, però, i giocatori che hanno deciso di aspettare, in questa stagione anomala, la chiamata di una franchigia NBA o di una sua affiliata G League, mantenendosi liberi da vincoli contrattuali con club europei o prevedendo clausole d’uscita in caso di chiamata. È limitante, però, parlare della lega di sviluppo NBA entrata nel suo ventesimo anno di vita soltanto come un serbatoio da cui attingere ogni estate per la costruzione delle squadre.
Dopo alcuni mesi di incertezza sul destino della sua stagione, la G League 2021 prenderà il via la prossima settimana, in formato ridotto (con 18 squadre di cui solo 17 delle 28 del 2019/2020) all’interno della bolla di Disneyworld già utilizzata per chiudere la scorsa stagione NBA. A partecipare alla stagione G League ci sarà anche Luca Banchi, chiamato a svolgere il ruolo di assistente allenatore dei Long Island Nets (l’affiliata dei Brooklyn Nets). Con Banchi, uno dei coach più vincenti degli ultimi anni di basket europeo, ho avuto la possibilità di parlare del rapporto tra G League e Europa anche in relazione all’esperienza che sta vivendo e che vivrà nelle prossime settimane.
Quale era, prima di questa opportunità, la sua visione e percezione della G League?
"Prima di arrivare qui la mia percezione nei confronti della G League era, ed è, quella di un mondo molto distante da ciò che rappresenta il basket europeo, soprattutto di un certo livello. Ma questo non significa che da parte mia non vi fosse interesse e attrazione di fronte alla possibilità di toccare con mano le caratteristiche di questa organizzazione, che si ispira -come è inevitabile- più alla NBA che al nostro basket.
Un’organizzazione che nasce per sviluppare talenti che non riescono ad avere visibilità a livello professionistico. L’importanza della G League è cresciuta poi esponenzialmente nel momento in cui tantissimi giocatori, mi verrebbe da dire troppi, decidono addirittura di saltare completamente l’esperienza collegiale, o limitarla a un anno, e poi tentare l’avventura professionistica non avendo, molti di loro, ancora la struttura tecnica tattica e umana per sostenere lo stress di un giocatore professionista NBA".
Che cosa la sta colpendo di più nel lavoro quotidiano con lo staff? Quale è l'aspetto che pensa di riportare con se in Europa?
"Sono qui solo da due settimane, e buona parte del tempo l’ho passato chiuso in quarantena. Oggi [domenica per chi legge, ndr] abbiamo potuto fare il primo allenamento, e la sensazione è stata quella di avere la possibilità di misurarmi in un contesto estremamente performante e tutto organizzato, curato nei minimi dettagli. Anche a livello di staff stiamo lavorando molto bene, a dispetto delle difficoltà logistiche, utilizzando la tecnologia sin dal 1° gennaio, quando ero ancora in Italia.
In queste settimane abbiamo avuto l’occasione di condividere i nostri rispettivi percorsi e le nostre aspettative, per pensare a quello che potesse essere più opportuno sviluppare nei nostri atleti nell’arco di questo periodo. Siamo riusciti ad avere un pensiero comune, di base ispirato ai Brooklyn Nets; lo staff lavora con particolare attenzione, anche alla tipologia di comunicazione che c’è tra ogni elemento, si lavora con grande cura. L’allenamento oggi [domenica] è nato con un confronto costante e assiduo, sul campo abbiamo avuto un risultato conseguente nonostante l’oggettiva difficoltà dei giocatori fermi da tanti mesi, ma abbiamo avuto un buon controllo sulla squadra.
Uno dei motivi che mi hanno spinto ad accettare la proposta è che considero questo un modello: in NBA c’è un livello superiore, ma l’idea è quella di cercare e assorbire quanto più possibile, per capire quali possano essere le metodologie, lo stile, il sistema riproducibile in una successiva esperienza professionale in Europa. Cerco di catturare tutti quei particolari che possono far evolvere il mio metodo di lavoro, e credo che questo debba essere il sentimento che deve muovere ogni allenatore: quello di mettersi in discussione e imparare, dove è possibile farlo. È quello che io sto provando a fare, misurandomi con un livello molto alto e estremamente performante".
Ho come l'impressione che per una larga fetta di appassionati e addetti ai lavori la G League viva di uno stigma quasi negativo e irridente.
Cosa ne pensa? Pensa che la G League possa "arricchire" il basket europeo oltre che quello NBA?
"È scontato che la G League sia stata etichettata molto spesso come un campionato poco interessante. Non nascondo che possa essere successo anche nel giudicare giocatori in fase di reclutamento: l’averli visti in questo contesto tecnico e agonistico a volte non è stato sufficiente a fare decidere per il loro ingaggio, perché magari si aveva timore che fossero un po’ troppo istintivi e “selvaggi” per un basket più organizzato, magari inferiore a un livello atletico e agonistico ma sicuramente più attento alla cura di altri aspetti più tecnico-tattici.
Questo è un dato di fatto, oggettivo. Bisogna anche prendere atto del fatto che l’età dei giocatori negli ultimi anni, in G League, si stia abbassando vertiginosamente: per noi europei diventa ancora più complesso ipotizzare di reclutare giocatori in questo campionato, e non nascondo che ce ne siano di interessantissimi. Deve maturare, dentro di loro, l’idea che l’Europa possa rappresentare un’opportunità professionale dove, non vedendo la prospettiva immediata di entrare in NBA, i giocatori possono scegliere il nostro continente per avere quell’esposizione e quell’arricchimento di natura tecnica e non solo per pensare di rientrare nel radar delle franchigie NBA in un secondo momento, dalla porta principale. Qualcosa che è successo in passato, anche nel nostro campionato. Pian piano questo pensiero sta sempre più prendendo campo, tra i giocatori americani: giocare in Europa può rappresentare un banco di prova importante.
L’età media è molto bassa: per allenatori e club europei non è molto semplice né attrarre questi giocatori né pensare di renderli, nell’immediato, adatti alle nostre necessità. Sono contento di essere qui, per allargare il bagaglio di conoscenze e il bacino di scouting con la conoscenza di giocatori che nei prossimi anni destinati a diventare protagonisti del mercato europeo. La maggior parte dei giocatori americani che arrivano in Europa sono coloro che negli anni precedenti hanno magari avuto la possibilità di giocare, finito il college, proprio in G League.
Il pensiero che anima molti è che questa sia una lega poco credibile e poco riproducibile in termini di stile di gioco: nei nostri campionati è verissimo, ma resta il fatto che per il basket europeo ad oggi il più grande bacino di reclutamento che esista è la G League, più della NBA o del college, che oggi produce giocatori non sempre sono pronti per cambiamenti così profondi come il lasciare gli USA e venire in Europa modificando non solo lo stile di gioco, ma lo stile di vita e di allenamento. Nelle prossime settimane vivrò questa centrifuga dove tutto è concentrato: una condizione particolarissima, con la speranza di portarmi in dote più informazioni possibili, cercando di carpire qualcosa in più che mi aiuti dal punto di vista professionale e non, anche per cercare di abbattere i rischi d’errore che possono esserci".
Book of the Month: Boys Among Men, Jonathan Abrams
Dopo l’autobiografia di un grande personaggio degli ultimi anni del basket europeo (su cui tornerò nelle prossime settimane), un grandissimo libro che si riconduce ad alcuni dei temi trattati da Banchi, pure in un periodo temporale differente.
Il libro di Abrams tratta del decennio, tra il 1995 e il 2005, contraddistinto dai tanti giocatori ad avere tentato il salto doppio dal liceo alla NBA. In copertina ci sono gli esempi più celebri, giocatori diventati Hall-of-Fame-caliber, ma si parla anche di chi ha avuto carriere di medio o basso livello dopo esaltanti e intriganti premesse.
È una lettura di altissimo livello, interessante nel caso degli argomenti che trattiamo su Caffè Hoops anche per quella che era la visione -in quel decennio- che si aveva di NCAA e soprattutto basket europeo: in tal senso uno dei passaggi più rilevanti è nel dubbio avuto in casa Chicago Bulls tra Tyson Chandler e Pau Gasol nel corso del Draft 2001.
Cliccando sulla copertina sarete reindirizzati alla pagina per l’acquisto su Amazon, ma il libro ha buona disponibilità anche in altri store digitali. Buona lettura!
Cosa guardare questa settimana
Partizan Belgrado vs Lokomotiv Kuban (Eurocup Top 16, Round 4 - Mercoledì 3, ore 20:30)
Il primo atto della sfida ha visto la vittoria del Kuban, in quello che è il girone più incerto delle Top 16 di Eurocup con ben tre squadre a 1-2 di record dopo le prime tre partite (e il Metropolitans con un piede e mezzo ai quarti). Con Trento nel mezzo di una turbolenza tecnica per l’esonero di Nicola Brienza, questo è forse il primo grosso spareggio della stagione europea per una delle “favorite” di una competizione: per Kuban, un ko metterebbe a serio rischio non solo le chances di vittoria del trofeo, ma anche di Eurolega 2021/22.
Fenerbahce Istanbul vs Zenit San Pietroburgo (Euroleague, Round 24 - Venerdì 5, ore 18:45)
Nel prossimo turno di Caffè Hoops tratterò, in dettaglio, le due squadre che ho avuto modo di vedere dal vivo la scorsa settimana -Milano e Zenit- e le loro chances in chiave playoff di Eurolega e di possibili Final Four. Per i russi, dopo i ko con Barcellona e Olimpia nel doppio turno appena trascorso, il test più impegnativo possibile alla vigilia dell’unica pausa stagionale in Eurolega: la squadra più “calda” d’Europa, reduce da 8 vittorie consecutive (tutte dopo il ritorno di Marko Guduric, in dubbio causa infortunio) che ne hanno rilanciato ambizioni e obiettivi. Una sfida decisamente da non perdere.